Tra le esperienze televisive che più hanno segnato la crescita di noi bambini e ragazzi negli Ottanta, senza dubbio occupano un posto di riguardo i cartoni animati. Complici i contenitori appositi della nuova tv commerciale che rappresentavano quasi un’ingenua rivoluzione per i tempi (niente a che vedere, sia chiaro, con i canali tematici digitali odierni); i lunghissimi pomeriggi invernali davanti alla TV erano scanditi da un inizio e una fine ben precisi, quasi esclusivamente quello era il tempo da trascorrere davanti allo schermo. Programmi come “Ciao ciao” su Rete4 e l’ancor più famoso “Bim bum bam” su Italia1 hanno creato uno spazio dedicato ad una fascia di età precisa, complice, senza dubbio, l’intuizione di trovare una nuova fetta di mercato per la pubblicità mirata delle merendine, dei giocattoli, della cartoleria e dell’abbigliamento kids. Licia Colò, Paolo Bonolis e tanti altri hanno condotto questi contenitori pomeridiani con sketch più o meno divertenti, un immancabile angolo della corrispondenza con lettere e disegni dei piccoli telespettatori e la continua interazione con i pupazzi parlanti Four e Uan. L’ingrediente essenziale che reggeva il programma e lo rendeva appetibile, ovviamente, era la messa in onda di cartoni animati seriali, che avevano una trama accattivante, un tratto particolare e un sapore leggermente esotico per i tempi.
Erano gli Anime, parola nipponica che deriva dall’abbreviazione di quella inglese “animation”, ma che per noi occidentali connota i film d’animazione provenienti dal Giappone e rimanda ad un immaginario ben preciso. Questi cartoni in realtà si sono diffusi a partire dagli anni Settanta anche se per i tratti fisiognomici esagerati, per le storie molte volte improbabili e per le ambientazioni così distanti da quelle europee in un primo tempo vengono considerati prodotti di serie b e privi di valore artistico. Solo verso la fine degli anni Ottanta alcuni autori di Anime, come Miyazaki e Takahata, iniziano a ricevere premi internazionali e attenzione da parte della critica per produzioni come Lupin III o serie animate di media o lunga durata basate su romanzi occidentali di letteratura per ragazzi come Heidi, Anna dai capelli rossi, Il giro del mondo in 80 giorni o Piccole donne. Per capire la portata commerciale del fenomeno basti pensare che oggi dal Giappone vengono esportati più film d’animazione che film classici e che negli incassi ai botteghini talvolta superano i colossal americani.
Gli Anime hanno una loro connotazione particolare che li distingue da tutte le altre produzioni simili. Rispetto ai cartoni animati di casa nostra, ad esempio, hanno una rappresentazione del movimento limitata ma una maggiore forza espressiva e caratterizzazione dei personaggi; i protagonisti e gli antagonisti sono sempre molto buoni o molto cattivi, estremamente sfortunati, diabolici, infelici o divertenti, talentuosissimi, ingegnosi, malvagi. Gli Anime mostrano le fragilità umane, la competitività sportiva, la ricompensa per i sacrifici, l’importanza dei legami familiari anche quando questi, e accade spesso in queste produzioni, non ci sono più perché finiti in modo tragico.
Come dicevamo, dopo una partenza soft, il decennio che ha segnato maggiormente il diffondersi di questo genere di cartoni è stato quello degli anni Ottanta, durante i quali, l’animazione giapponese è diventata un fenomeno mediatico rivoluzionario che ha contribuito a divulgare nel mondo la loro cultura, i paesaggi, le tradizioni alimentari, gli arredi delle case.
Per quanto riguarda i protagonisti delle storie, ogni decennio ha avuto più o meno le proprie suggestioni, quelle degli anni Ottanta sono incentrate prevalentemente sulle vicende di bellissime eroine bionde e dai grandi occhi azzurri, è il caso di Lady Oscar e la rivoluzione francese, Georgie e i suoi fratelli o la piccola orfana Candy; raccontano ancora di maghe da poteri particolari attivati da improbabili oggetti e animali parlanti come l’Incantevole Creamy e la Magica Emi. Queste storie raccontano anche le avventure di ragazzine sfortunate ma dal cuore grande e dispensatrici di amore per il prossimo: ecco Pollyanna che ha a che fare con la disabilità, di Lovely Sara la piccola principessa decaduta o Anna dai Capelli Rossi adottata e sempre in cerca della propria identità. Da non dimenticare anche tutto il filone delle atlete indefesse che con caparbietà, sacrificio e lealtà sportiva vincono la ribalta di un’Olimpiade (Seul ovviamente) come Hilary campionessa di ginnastica artistica e le cugine Mimì e Mila pallavoliste molto diverse per serietà e simpatia; o infine l’ambizione di solcare il palcoscenico di un grande teatro per l’aspirante e cupa attrice Maya.
Un capitolo a parte merita la musica. Occorre evidenziare, infatti, che tutti questi Anime avevano un training fortissimo rappresentato dalle sigle iniziali che in breve tempo hanno contribuito a creare la colonna sonora di una generazione. Alcune sigle sono state interpretate da I Cavalieri del Re e poi, nella quasi totalità, da Cristina D’Avena che ogni anno incideva un vero e proprio album contenente le sigle del momento e che riusciva ad ottenere vendite da capogiro.
A questo punto si è già spalancato un mondo. Alcuni di questi cartoni, infatti, sono rimasti nella memoria di adulti contemporanei che in qualche modo sono cresciuti Sui monti con Annette, hanno girato il mondo con il leone antropomorfo Willy Fog o hanno sorriso con la minuscola Signora Minù. Altri personaggi sono diventati iconici, alimentando un merchandising che non teme di finire. Dalla ristampa dei dischi contenenti le sigle dei cartoni di Cristina D’Avena in duetto, tra gli altri, con Patty Pravo, Loredana Bertè e Malika Ayane alle felpe, portachiavi, magliette, borse, zaini con Madamigella Oscar, la già citata e iconografica eroina bionda che diventa capitano delle guardie francesi ai tempi di Maria Antonietta. Oppure linee intere di t-shirt e pigiami con il cagnolino Spank, innamorato perdutamente della gatta Micia e della sua sfortuna padroncina “Yaya”.
E poi, al di là dell’oggettistica, come non citare C’era una volta Pollon con la narrazione buffa ma sufficientemente precisa dei miti greci che ha senz’altro contribuito a creare l’immaginario collettivo della vita quotidiana sul Monte Olimpo di Zeus e compagnia. Altre due parole le merita Occhi di gatto, tre sorelle che hanno fatto un patto: rubare tutti i quadri della collezione del padre per poter conoscerne la vera storia. Sono tre protagoniste, con personalità e aspetto molto diverso, che di giorno lavorano nel bar di famiglia e di notte, fasciate da succinte tute, portano a termine furti rocamboleschi. E poi Kiss me Licia, la protagonista più anonima e scialba della storia dei cartoni ma che grazie all’amore per il bellissimo e ambitissimo cantante biondo con il ciuffo rosso, Mirko dei Beehive, diventa importante e si accende di luce nuova.
E, infine, giusto per non essere del tutto parziale nelle citazioni, tra i protagonisti degli anni Ottanta c’erano anche due maschietti, due fuoriclasse del calcio (questo sconosciuto in Giappone), Olly e Benji; le partite erano interminabili, così come il campo di calcio che sembrava sempre in salita e non lasciava intravvedere nemmeno la porta avversaria all’orizzonte.
In effetti si potrebbe continuare all’infinito, perché la produzione di quegli anni, e di quelli successivi, è davvero sterminata. Ma a differenza degli Anime che ancora oggi vengono riproposti, in chiaro e sulle piattaforme a pagamento, con il solito carico di pathos o divertimento senza tempo, gli anni Ottanta per chi scrive sono finiti e con essi gli interminabili pomeriggi davanti alla TV.
Formazione tecnica, studi umanistici, lavoro sociale e, oggi, responsabile delle risorse umane di una Fondazione. Da oltre vent’anni professionalmente divisa tra numeri ed essere umani, parole e cifre, discipline artistiche e rendiconti. Ho collaborato con varie testate giornalistiche e faccio parte del consiglio di disciplina del CROAS. Operaincerta, dunque, ma stabile nei valori essenziali, primo su tutti, la famiglia. Scrivere, come leggere e viaggiare, sono passioni per condividere esperienze, impressioni e sogni.
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