Il buio domina in questo romanzo. Un buio profondo che dal cuore dei personaggi ha una sua epifania nel mondo esterno: nelle strade cupe di una Cortelle, città fittizia di una Sicilia oscura e atavica, nelle miniere di zolfo, nelle parole e nelle menti degli attori di tragici eventi. Un buio che non conosce barlumi di luce, stelle, speranze.
Non si dovrebbe incasellare un romanzo in un genere, in un sottogenere, cedere alla smania tassonomica che ci permette, come piccoli dei, di mettere ordine alle cose del mondo, ma spesso non è così. Leggere un libro, credendo di sapere a quale genere appartenga, talvolta permette di muoversi con sicurezza, una chiave di lettura che consente di provar piacere nel costruire una propria soluzione, godere dell’errore, dei ripensamenti (come lettore e come personaggio) e delle aspettative frustrate.
Vero è che i più grandi noir sono quelli che hanno violato le regole codificate: molti dei libri di Dostoevskij sono indubbiamente dei gialli, lo sono certamente gli atipici romanzi scandinavi, il grandissimo Das Versprechen di Friedrich Dürrenmatt (La promessa nella versione italiana che fu pubblicato, rivelando imprudentemente già nel sottotitolo Un requiem per il romanzo giallo le intenzioni dello scrittore svizzero) nel quale l’autore si diverte a sovvertire processi e sviluppi tipici del romanzo giallo anglosassone. Certe volte è il caso, onnipresente nelle nostre esistenze, a far saltare il banco delle intuizioni e delle deduzioni.
Il libro di Arezzo è veramente lontano dai classici inglesi, il protagonista Nenè Cortisanti non è, non può essere un Poirot siciliano. Sono i gesti dei personaggi, le loro azioni coscienti e involontarie, che lo trascinano, quasi per la cavezza, a trovare una soluzione.
Ma questo romanzo è figlio di una nobile tradizione che la letteratura della nostra isola ha fatto propria da almeno settant’anni. Gli autori siciliani (a partire dall’inarrivabile Sciascia) hanno creato un vero e proprio sottogenere. Il giallo mediterraneo ha la caratteristica di andare oltre le gabbie di genere, a incrociare, mischiare e convogliare nella pagina istanze sociali e politiche spesso trascurate da altre tradizioni letterarie. E qui che “incontriamo” Lo spettro della notte.
Ma per scrivere di questo “giallo storico” bisogna fare un passo indietro.
Prima de Lo spettro della notte, Domenico Arezzo ha pubblicato nel 2021 Orizzonte rosso sangue, ambientato a Grassello di Sicilia, e nel 2023 Omicidio a Cortelle, prima avventura investigativa di Nenè Cortisanti nel “capoluogo”.
In questo libro sono già delineate le caratteristiche del mondo in cui opera il protagonista: l’ambientazione. Siamo alla fine del XIX secolo, in una città che non esiste, Cortelle, capoluogo dell’ottava provincia siciliana, una camilleriana Montelusa degli anni dei Fasci dei lavoratori. Sono anni in cui tutto in Sicilia poteva cambiare e in cui il giornalista Emanuele Cortisanti agisce e collabora con i Carabinieri Reali. Una serie di omicidi, slegati tra loro, “banali” nella loro efferatezza, vede il procedere, ora deciso ora a tentoni, dell’investigatore che sgrossa il materiale umano che si trova innanzi, si scontra con un ambiente sociopolitico asfittico le cui pressioni da una parte pretendono una rapida soluzione di comodo (bisogna allentare le tensioni sociali) e dall’altra provano a bloccare qualsiasi azione che possa mettere a repentaglio la conservazione degli equilibri fossilizzati nello scontro implacabile tra le classi sociali.
Come detto, Cortelle dunque è sconvolta da una serie di omicidi e scomparse inquietanti che apparentemente non hanno nulla in comune, ma piano piano nel corso dei capitoli un filo rosso sangue comincia a delinearsi nella mente di un giornalista di provincia, un viddanu che ha studiato. Lentamente si definiscono meglio i contorni delle truci vicende che fanno capo all’attività estrattiva di zolfo nella Miniera di Neropozzo, miniera di proprietà di un ricco magnate don Curialo. La vocazione sociale del giallo siciliano si concretizza intrecciandosi con la denuncia delle terribili condizioni dei carusi e delle violenze degli ambienti politici della città. C’è fretta di chiudere il caso e tutto pare abbia una conclusione, ma si sa le cose non seguono sempre e comunque una linea dritta. Arezzo, l’autore, è molto abile a seminare false tracce a ridefinire nuove piste, a lasciare che il caso dia una svolta inaspettata alle indagini. Perché è così che funziona la vita.
Incontriamo l’autore davanti a un bicchiere di vino: il suo volto scarno e simpatico, il suo sorriso schietto e coinvolgente è quello di chi ha ancora voglia di sorprendersi della vita e delle cose. Una barba accennata e occhiali che non riescono a nascondere gli occhi di chi sa leggere nell’animo delle persone.
Come racconterebbe l’autore de Lo spettro della notte questo uomo che si chiama Domenico Arezzo?
Lo racconterebbe come un bambino che pian piano ha cercato di scoprire se stesso e il mistero che lo circonda, ha sbagliato ed è caduto, si è rialzato e si è impegnato a cercare di comprendere le ragioni che muovono la coscienza degli uomini; si è sempre meravigliato della bellezza che spesso ha incontrato nelle persone, nei luoghi frequentati, nella sua città e ha coltivato la bellezza dello studio. Quando ha incontrato la bruttezza ne è rimasto sporcato ma ha imparato a guardare il baratro nero che si nasconde nel suo animo per conviverci, per evitare di stigmatizzarlo e per mantenere con esso una sorta di armonico equilibrio.
E come è invece raccontato Emanuele Cortisanti?
Il mio caro Cortisanti, detto Nenè, nasce contadino e nel 1880 quando si trasferisce da solo nelle terre paludose di Grassello è appena ventenne. Ha studiato. Dopo le elementari ha frequentato due anni di scuola tecnica. La passione per la lettura lo divora, lavora tutto il giorno e la notte, a lume di candela, legge e scrive in un diario (Orizzonte rosso sangue, Nulla Die Edizioni, 2021). I suoi compaesani lo chiamano ’u prufissuri ciuncu non soltanto perché è zoppo ma anche per una cultura inusuale nel ceto umile. Nenè è ambizioso e per questo si trasferisce in città, a Cortelle (Omicidio a Cortelle, CTL Editore, 2023), dove scopre i talenti che erano rimasti fino a quel momento nascosti sotto la terra nera di Grassello. È assunto a busta paga dal giornale L’Isola e, grazie alle sue intuizioni riportate nella rubrica che cura Il volto buio di Cortelle, viene ingaggiato come collaboratore dei Carabinieri Reali. Nenè porta con sé un segreto: il buio dell’anima che ogni tanto lo assale e lo costringe a fermarsi per giorni interi. Negli anni è riuscito a convivere con tutti i suoi difetti anzi li considera compagni di vita anche per questo è diventato più capace di ponderare gli eventi, di non forzare le indagini, di ascoltare gli interlocutori. Anche se a volte fa errori che potrebbero essere fatali (Lo spettro della notte, CTL Editore, 2024).
Lo spettro della notte che è ambientato nel 1893, alcuni anni dopo l’inchiesta sulla Sicilia di Franchetti e Sonnino del 1876. Cortelle è un posto dove la miseria del quartiere delle Anfore si contrappone alle case del Nobilume locale. Perché hai voluto dare questo taglio sociale al libro?
I due studiosi Franchetti e Sonnino con i loro scritti hanno denunciato le condizioni di vita del ceto più umile del Meridione, hanno messo in risalto un problema sociale che creava malcontento delle masse contadine, dava origine al brigantaggio e provocava disordini per le vie delle città. Nel romanzo Lo spettro della notte vengono rappresentate tematiche sociali ed economiche della Sicilia di fine Ottocento che fanno emergere il grave divario esistente tra ricchi e poveri. In particolare la diseguaglianza in essere è mostrata nel romanzo con azioni, articoli del giornale e decisioni dei protagonisti e delle figure minori. Cortelle è una tipica città della Sicilia dove il divario tra classi sociali si manifesta in tutta la sua crudezza, molti cortellensi, anche ragazzi molto giovani, sono sfruttati nella miniera di zolfo di Neropozzo sita a quindici chilometri dalla città. Molti altri vivono in baracche nel quartiere delle Anfore, dove abitava una delle vittime dell’assassino. Anche questa è la Sicilia di quegli anni e così volevo rappresentarla.
Perché scrivere un giallo storico, ma soprattutto sociale? E come ti sei preparato, vista l’accuratezza delle informazioni presenti nel libro.
Intanto scrivere un giallo è di per sé intrigante non solo per chi lo legge ma anche per l’autore. Se poi questo giallo è anche storico ecco che alla gestione del mistero e dei colpi di scena, tipici del genere, si aggiunge l’anima storica che presuppone la conoscenza, da parte dello scrittore, del contesto in cui è ambientato il romanzo. Se poi ancora, come è per lo spettro della notte, il giallo è anche sociale alle prime caratteristiche se ne aggiunge una terza: la denuncia. Denuncia delle condizioni di vita del ceto umile, denuncia dello sfruttamento di minori in miniera, denuncia dell’arroganza dei galantuomini e di tutti coloro che si arricchiscono alle spalle della povera gente. Denuncia di ciò che ha impedito la scomparsa del brigantaggio. Per la scrittura di questo romanzo, in cui alla storia frutto di fantasia s’intrecciano fatti davvero accaduti, mi sono molto documentato, ho spaziato tra letture di monografie, fonti presenti negli archivi, libri.
Le indagini sono condotte dai Carabinieri del sottotenente Rusto. Ma si ha l’impressione che il giornalista non sia un semplice consulente o collaboratore, spesso è lui che prende l’iniziativa e si pone allo stesso livello dei militari. È solo un’impressione?
Nenè, il nostro giornalista e investigatore, trascorre più tempo in caserma che nella redazione del giornale, tanto che il suo capo redattore se ne rammarica così: «Nenè sta più in caserma che nella sede del giornale, manco l’avessero arrestato». Nenè è il vero motore delle investigazioni e più che mai lo è ne Lo spettro della notte. A suo fianco non ha il tenente Lo Forte, fidato amico e abile Carabiniere, ma il sotto tenente Rusto che, nonostante sia arrogante e nutra una certa antipatia per il giornalista, lo chiama sempre in causa e si appoggia alle sue intuizioni. Nenè non esercita autorità verso i militari ma autorevolezza.
Quale è stata la parte più difficile da scrivere per te? Mi verrebbe da pensare ai brevissimi capitoli dove sentiamo la voce dell’assassino che, come in Memorie di un pazzo di Gogol’, si lascia andare ad uno sconnesso fiume di parole ed emozioni, odio e sofferenza.
A essere sincero non ci sono parti facili o difficili. Ogni pagina deve essere in armonia con le altre e con l’intero romanzo pur mantenendo connotati unici. Ecco questa è la vera difficoltà. Ci sono le pagine che intonano la voce inquietante dell’assassino, pagine che riportano gli scritti del giornale L’Isola estratti dalla rubrica Il volto buio di Cortelle, pagine che descrivono i luoghi, le scene del crimine, l’interno infernale della miniera di Neropozzo. Tutte queste pagine devono avere ritmo, tenere il lettore con il fiato sospeso e spingerlo a continuare a leggere un capitolo dopo l’altro. E comunque se volessi trovare le pagine che mi hanno impegnato di più, anche emotivamente, sono quelle che descrivono il viaggio di Nenè dentro la miniera di Neropozzo.
Interessante è anche l’uso di “materiale eterogeneo”: a parte le parole che fluiscono i questi brevissimi capitoli, hai inseriti gli articoli che il giornalista pubblica sull’Isola (il giornale in cui scrive), per inciso scritti imitando alla perfezione il registro linguistico dell’epoca. Perché questa scelta?
L’idea di far parlare Nenè anche tramite gli articoli del giornale mi è venuta per modulare il linguaggio del libro e renderlo più vivace, scorrevole e spero interessante. Poi attraverso gli articoli si danno degli spunti ai lettori che facciano comprendere meglio il contesto in cui si muove il protagonista e si evolve la storia. Lo stile che ho dato agli scritti di giornale deriva da un attento studio di articoli pubblicati a fine Ottocento e utilizzati come modello linguistico.
La notte in cui si muovono i personaggi, è una notte senza luce, senza stelle. Opprimente è l’atmosfera in cui agisce Nenè Cortisanti, un’atmosfera che si concretizza nelle strette gallerie di Neropozzo. È proprio così?
Proprio così il filo conduttore del romanzo è il buio e non solo degli ambienti ma soprattutto del cuore, quello dell’assassino, «… qui c’è buio, troppo buio, ahi… che duluri» e del protagonista Nenè «… si apriva la via dell’oscurità e quella condizione era proprio simile a un perenne tormento che suscitava il pericoloso sentimento della nostalgia». Il romanzo si apre con la breve descrizione di una Cortelle tanto buia che i lampioni non riescono a oltrepassare le tenebre «… un buio denso del silenzio di morte avvolse la flebile luce dei pochi lampioni accesi di Cortelle». Continua con il viaggio che Nenè e il tenente Rusto fanno nella miniera di Neropozzo, «… il buio li circondava, li assediava e dai suoi nascondigli rimbombavano lamenti, sferzate di frusta, passi sul suolo». Il romanzo si avvia alla conclusione descrivendo un buio trafitto, direi vinto, «Un buio fitto e pesante stava per prendere il sopravvento su cose e persone e trasportava con sé un inquietante silenzio ma questa volta i passi di Nenè lo spezzarono… lo ridussero a nulla».
Perché hai scelto di creare un luogo che non esiste nella realtà, parlo di Cortelle e dintorni?
A quali modelli (se ci sono) ti sei ispirato nello scrivere Lo spettro della notte?
Volevo una città di medie dimensioni della fine dell’Ottocento, una città collocata nella Sicilia centro orientale. La scelta è ricaduta su Cortelle, non presente sulla carta geografica della Sicilia, una città in fermento, ricca di attività artigianali, con un porto frequentato non solo da pescatori ma anche dagli spedizionieri dello zolfo. Una città piena di contraddizioni dove le ricche dimore dei nobili, curate e decorate, fanno da contraltare alle catapecchie in cui vivono i diseredati del quartiere delle anfore o delle zone più degradate del porto. Cortelle ha un giornale, ha la caserma dei Carabinieri Reali, ha un ospedale, alcune farmacie e un grande bosco che si estende nel versante nord ovest, alle sue spalle del grande Monte siciliano. Cortelle è anche buia e pericolosa. Potrebbe somigliare alla Vigata del grande scrittore Andrea Camilleri ma il contesto, il messaggio e l’epoca storica sono differenti.
I personaggi sono indubbiamente ben definiti. A parte i comprimari che necessariamente rimangono ancorati alla loro mera funzione alcuni sono raccontati nella loro complessità. Nenè ad esempio è un uomo menomato nel fisico, eroe malgré lui, è persona che prova paura e terrore… Perché hai scelto di descriverlo anche nella sua fragilità?
La fragilità fa parte di noi esseri umani. Nenè è uno di noi, ha paure, ossessioni e difetti fisici che porta come suo bagaglio naturale. Nenè è zoppo a causa di una caduta in un burrone quando era ancora bambino, a volte è invaso da un buio dell’anima così denso e fitto che gli impedisce di vivere. Quando è assalito dal mal di vivere deve chiedere ogni porta, ogni finestra, ogni spiraglio per rimanere solo qualche giorno finché la tormenta non passi. Emanuele Cortisanti non è un super eroe è un uomo con alcuni talenti e tanti difetti, per questo l’ho descritto come davvero è.
A quale dei tanti personaggi ti sei affezionato maggiormente durante l’opera di scrittura?
Il protagonista ha una specie di una fragile armatura che lo protegge dal mondo, ha bisogno, ad un certo punto, di tornare al suo passato, a Grassello, alla sua semplice vita d’un tempo, alla moglie. Non è certo per scappare dal mondo ma per riprendere quella lucidità che gli eventi hanno gravemente messo in pericolo…
Nenè si è allontanato dal suo mondo quello di umile contadino per andare in città e lì ha potuto esprimere i suoi veri talenti: la scrittura e l’investigazione. Il suo animo rimane però ancorato alla terra di Grassello e alla moglie Vannina che ogni tanto va a trovare. Lì ritrova la giovinezza, l’amore lasciato, la dolcezza dei campi, il sapore della fatica fisica. Attorno a Cortisanti ruotano tanti personaggi ne cito uno per tutti: l’appuntato Cascio. Il carabiniere è legato al senso del dovere tanto che non lascia mai la sua guardiola da cui controlla chi entra ed esce dalla caserma. Ė un ragazzo che ha molto da dire e non bisogna soffermarsi alle apparenze, ovvero nel soldato che si affretta al saluto militare verso i superiori e per l’agitazione fa crollare la sedia per terra.
Recita la bandella: “Tra pressioni mafiose, fughe misteriose e vecchi rancori, il giornalista dovrà affrontare un sistema corrotto per cercare giustizia in un mondo dove la verità è pericolosa quanto la morte”. Perché a Cortelle la verità è pericolosa quanto la morte?
La verità brucia ed è sempre pericolosa. A Cortelle di più.
Cortelle è una città in fermento, si fanno affari, circola denaro e a pochi chilometri c’è una grossa miniera di estrazione di un minerale allora prezioso: lo zolfo che dopo essere stato lavorato e immagazzinato, prende il largo proprio dal porto di Cortelle. Ė la città di politici, militari, nobili e galantuomini come Don Curialo e il magazziniere Scabbia che sono dediti a accumulare ricchezze a scapito del ceto umile. In particolare don Curialo si finanzia con il lavoro di persone disperate, anche bambini, che non hanno altra scelta se non vivere da schiavi. Ecco che in una situazione come questa nessuno di questi uomini potenti desidera la verità, fosse anche per catturare un pericoloso assassino le cui turpi gesta hanno avuto un unico effetto positivo: accendere le luci sulla miniera di Neropozzo.
Il protagonista si muove sostanzialmente in tre ambienti: lo spazio familiare e tranquillo della caserma e della redazione de l’Isola, lo spazio aperto delle strade della città (esterno notte o giorno che sia) che invece è ostile e quasi sempre pericoloso e il ventre nero della terra dove si muovono i “dannati del sottosuolo” e i loro aguzzini che a ben guardare non sono molto meno sfortunati delle loro vittime. Che rapporto ha Cortisanti con questa topografia emozionale di Cortelle, cioè come ogni singolo luogo influenza il suo modo di agire?
Devo dire che ai tre ambienti ne voglio aggiungere un quarto quello di Grassello di Sicilia, una borgata a trenta chilometri da Cortelle dove vive Vannina, la moglie di Nenè. Ecco quest’ultimo spazio rappresenta il luogo della pace e delle relazioni dell’ex contadino che purtroppo per via dei suoi impegni non frequenta spesso (due o tre volte l’anno e per pochi giorni). La topografia, ben rappresentata nella domanda, ha quindi un rapporto intimo con Nenè. La caserma e il giornale sono i luoghi in cui il giornalista e investigatore esprime al meglio i suoi talenti e per questo sono pieni di luce. Tra le vie di Cortelle, soprattutto la notte, s’insediano pericoli e tranelli che mostrano la brama di Nenè di eccellere, di ambire a diventare ciò che la condizione di contadino gli ha sempre negato e di esercitare le sue arti di seduzione non solo nei riguardi di belle donne. Il buio della miniera di zolfo è il buio dell’anima del nostro protagonista, buio che a volte emerge e lo conduce verso il sentimento della nostalgia (comunemente detta ai nostri giorni depressione).
Per chiudere… Come ti spieghi il successo di pubblico (libri e fiction) del crime?
I lettori sono attratti dai fatti misteriosi che poi possono sfociare in omicidi, rapine, truffe. Non sempre questo avviene ma a volte l’epilogo è terribile e anche irriferibile. Il lettore cerca di comprendere l’animo del protagonista e anche dell’antagonista, cerca la verità e vuole la giustizia che molte volte nella vita non viene esercitata. Leggere un libro giallo, un noir, un thriller o un horror è viaggio nell’animo umano, un percorso intrapreso nella zona più buia del cuore. In tutti noi c’è un po’ di miniera di Neropozzo e tutti noi desideriamo giustizia anche verso noi stessi.
Lo spettro della notte è un bel libro, piacevole da leggere e che pagina dopo pagina ti avvinghia in una spirale, un vortice da cui e difficile staccarsi. Alla fine di ogni breve capitolo, i capitoli sono brevi e questo è un bene, il lettore non vede l’ora di continuare, per poi continuare e continuare ancora. Si dirà questo è legato alla natura stessa del libro, al genere a cui appartiene. Vero, ma non è sempre così.
Un libro che merita di essere letto e ripensato. Domenico Arezzo ha ancora tante cose da raccontarci e il suo pubblico non aspetta altro.
SCHEDA
Autore: Domenico Arezzo
Titolo: Lo spettro della notte
Editore: CTL Editore (Livorno - 2024)
Pagine: 196 pagine
ISBN: 978-8833876948
Prezzo: 15,50 €
Autore: Giuseppe Barbera
Editore: Il Saggiatore, 2023
Pagine: 320 p., Brossura
ISBN: 9788842831815
Prezzo: 25,00 €
Carlo Blangiforti è di Mineo (Catania) e vive a Ragusa. Laureato in lingua e letteratura russa, si occupa di editoria, grafica e eventi culturali. Ha pubblicato raccolte di versi (Distratti e lontani, Maremmi Editore, 2009), di racconti (Tre per tre, Operaincerta, 2015), il romanzo breve Un vento che passa, un’ombra, un niente (I quaderni del Centro, 2010), i racconti Antipatizzanti anonimi (in Della Antipatia, 2019) e Senza l’odio non c’è amor? (in Oltre il confine dell’oblio, 2020). Ha scritto i testi per il libro fotografico Mineo - storie di pietre e uomini (I quaderni del Centro, 2020), il saggio Urlano anche i topi (Operaincerta, 2010) e due volumi sulla storia della gastronomia siciliana, L’ingrediente segreto (Le Fate, 2017) e Panza e assenza (Le Fate, 2016). Assieme ad altri compagni di viaggio ha scritto Il carrubo è l’uomo (Abulafia editore, 2022).
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