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Le stelle dei faraoni

Gaudenzia Flaccavento 14 dicembre 2024


Per trovare le stelle bisogna cercarle nella più profonda oscurità. Che non sempre è quella del cielo notturno. Talvolta è il buio di un sepolcro.
A cercare il cielo in una tomba è Lorenzo Guardiano, ragusano, dottore di ricerca in Egittologia, assegnista di ricerca e professore a contratto presso l’Università degli Studi di Milano e membro della missione italo-egiziana di scavo e salvaguardia archeologica EIMAWA ad Assuan (Egitto). Oltre ad occuparsi di filologia, epigrafia e astronomia egiziana è anche un apprezzato pianista. Mantiene fortissimo il suo legame con la città d’origine, ed è infatti nel Comitato Tecnico Scientifico dell’Ecomuseo Carat promosso dal comune di Ragusa.

Il suo prezioso volume Il Cielo dei Faraoni. I soffitti astronomici nell’Egitto del Nuovo Regno, edito da Milano University Press, è apparso in pubblico per la  prima volta presso Università degli Studi di Milano, alla presenza del Console Generale d’Egitto e dei proff. Piacentini e Cavagna il 21 novembre di questo anno. Lorenzo lo ha poi consegnato personalmente al direttore del Museo Egizio del Cairo, Prof. Ali Abdel Halim Ali.
Una platea piena di affetto ed orgoglio per i risultati raggiunti lo accoglierà nella sua comunità d’origine giorno 19 dicembre alle ore 18.30 presso la storica libreria Flaccavento di Ragusa, dove dialogheranno con l’autore gli archeologi Massimo Cultraro e Giovanni Distefano.

Raccontaci l’origine di questo libro.
Quest’opera approfondisce le ricerche condotte per il mio percorso di dottorato di ricerca. È un testo impegnativo, composto da due tomi che documentano il corpus dei soffitti a tema astronomico presenti nel Nuovo Regno dell’antico Egitto. Nel secondo volume sono contenute le tavole disegnate a mano, per cui ho svolto due missioni sul campo in Egitto in pieno Covid. È stata un’impresa surreale, che mi ha permesso di studiare tombe e templi in quasi totale solitudine.
Perché il cielo stellato era così importante nella civiltà egiziana?
Lungi da fantasiosi scenari misteriosi ed esoterici, le conoscenze astronomiche erano essenziali in una civiltà fondamente agricola come quella egiziana.  Per organizzare al meglio il lavoro dei campi era necessario avere una scansione quanto più precisa possibile del tempo. In mancanza di strumenti meccanici era il cielo il grande calendario a disposizione. Come altre civiltà antiche, l’astronomia egiziana aveva raggiunto un elevatissimo livello di precisione. Sicuramente ieri come oggi erano pochi gli “astronomi” specializzati, ma la confidenza con la volta celeste era molto più comune quando, sotto cieli non inquinati da altre fonti luminose, gli uomini avevano con le stelle una familiarità inimmaginabile.
Anche i non esperti sanno che l’orientamento delle piramidi corrisponde a precise corrispondenze astrali.
La posizione delle stelle circumpolari, ovvero quelle visibili in ogni periodo dell’anno nel cielo notturno, hanno determinato l’orientamento delle celebri piramidi di Giza della Quarta Dinastia (2613-2494 a.C.), il cui ingresso doveva guardare verso Nord e quindi verso le stelle imperiture, in modo che i loro raggi potessero entrare nelle tombe e illuminare le anime dei faraoni.
A quando risalgono le prime testimonianze astronomiche?
A Saqqara, all’interno della piramide dell’ultimo faraone della Quinta Dinastia Unis (2375-2345 a.C.), compaiono i cosiddetti ‘Testi delle Piramidi’, formule intese a guidare l’anima del faraone defunto fra le stelle imperiture e alla vita eterna.
In che modo la conoscenza delle stelle serviva al calcolo del tempo?
Il calcolo delle ore notturne era basato su un altro gruppo di stelle, a Sud dell’eclittica. Si tratta dei cosiddetti decani che, con la loro ‘levata eliaca’ (ossia la prima alba visibile dopo un periodo di invisibilità di circa settanta giorni) indicavano un’ora della notte per un periodo di dieci giorni (da cui il termine ‘decano’). Fra queste stelle le uniche chiaramente riconoscibili sono quelle di Orione (in egiziano Sah) e Sirio (in egiziano Sopdet).
Esistevano poi due calendari, uno lunare, destinato alla scansione delle festività sacre, e uno solare, che comprendeva 12 mesi raggruppati in tre stagioni. I mesi erano di 30 giorni, pertanto venivano aggiunti cinque giorni, detti ‘epagomeni’ (ossia aggiunti) per arrivare al numero di 365.
C’erano anche delle credenze di tipo astrologico?
Per tutta l’era faraonica non è attestata la convinzione che gli astri potessero influenzare il destino umano. Solo dopo la conquista di Alessandro il Macedone, l’oroscopo raggiunse l’Egitto insieme agli zodiaci importati da Babilonia per il tramite greco.
A quando risalgono i primi soffitti astronomici?
Le prime rappresentazioni astronomiche attestate le troviamo sui coperchi di alcuni sarcofagi, databili fra l’Undicesima e la Dodicesima Dinastia (2125-1773 a.C.).
Bisogna attendere il Nuovo Regno, per trovare il primo soffitto astronomico giunto a noi: è un astronomo del Nuovo Regno, vissuto sotto Hatshepsut (1473-1458 a.C.), a trasporre le efemeridi dei sarcofagi all’interno di rappresentazioni celesti più complesse nel primo soffitto astronomico della storia, nella sua tomba a Deir el-Bahari.
Sono molte le ragioni per cui l’astronomia è intimamente connessa con la regalità faraonica e sarebbe impossibile darne conto in questa sede. Pertanto i soffitti astronomici furono inseriti quasi esclusivamente nelle tombe e nei templi dei sovrani, a partire da Seti I (1294-1279 a.C.).
Quali sono le principali tipologie di soffitti astronomici?
I soffitti astronomici sono essenzialmente di tre tipi: puramente astronomici, cosmologici e misti. I soffitti del primo tipo contengono delle rappresentazioni celesti suddivise in due emisferi con i principali astri del cielo notturno e costituiscono la logica evoluzione degli antichi orologi stellari diagonali. I soffitti cosmologici contengono una serie di componimenti, spesso caratterizzati dalla presenza della figura di Nut e incentrati soprattutto sul percorso del sole nel cielo. I soffitti dell’ultimo tipo uniscono invece raffigurazioni astronomiche e cosmologiche in modi sempre diversi.
Ogni altra curiosità sarà saziata nel corso della presentazione di Ragusa, e delle altre che sicuramente accoglieranno l’opera di Lorenzo nelle sedi più prestigiose.

Gaudenzia Flaccavento

Dopo aver lavorato nell’ambito della gestione dei beni culturali, da circa vent’anni insegna Italiano e Storia negli istituti superiori.
Ha anche insegnato Storia dell’Arte presso la Struttura Didattica Speciale di Lingue nella sede di Ragusa dell’Ateneo di Catania. Ora si dedica nel tempo libero all’Associazione Insieme in Città, che si occupa di Urbanistica Partecipata e cittadinanza attiva. Anima, con altre amiche, il gruppo di lettura L’ora dei Libri.
Dopo aver scritto saggi di Storia dell’Arte, storia dell’Architettura e di Urbanistica, da poco sta sperimentando la scrittura narrativa. Alcuni suoi racconti sono già stati pubblicati in raccolte edite localmente..

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