E quindi uscimmo a riveder le stelle, Puro e disposto a salire le stelle, L’amor che move il sole e l’altre stelle: recitano così gli ultimi versi, rispettivamente dell’Inferno, del Purgatorio e del Paradiso di Dante. Queste cantiche si chiudono con la parola “stelle”, che di fatti assumono il significato di un desiderio programmatico. E non è un caso, come niente lo è, in Dante. E non è nemmeno solo un mero interesse per l’astronomia, che comunque Dante aveva, tra i molteplici interessi. Perché le stelle di cui il poeta scrive non sono solo i punti luminosi che brillano nel cielo notturno, ma sono foriere di un destino e di un disegno preciso. C’è un legame latente, inscindibile tra le stelle e il desiderio, rintracciabile nella comune radice etimologica, che in Dante permane in tutto il viaggio. E già nella parola “desiderio” è custodita la parola “stelle”, un complemento di moto da luogo de- “dalla” e sidere, “stella”, che esprime il desiderio che viene dalla stella e si palesa all’uomo, il quale lo persegue, lo sogna e vive per realizzarlo. Ogni uomo su questa terra ha attraversato la sua selva oscura, ogni uomo è stato pellegrino come Dante, e in questo suo peregrinare tra le ombre dell’inquietudine, almeno una volta nella sua vita ha alzato lo sguardo al firmamento per individuare le proprie stelle, i propri punti di riferimento, per scrutare i propri desideri. Le stelle della Commedia rappresentano il desiderio di Dante ma anche quello che tutta l’umanità intera dovrebbe custodire. Durante il suo viaggio nell’oltretomba, Dante aveva già visto il male e il peccato che flagellava i dannati all’Inferno, proiezione vivida del male dilagante sulla terra. Aveva attraversato il dolore, lo aveva visto e sentito nelle grida dei peccatori a cui quelle pene sarebbero state inflitte in eterno.
Nel Purgatorio, invece, Dante sente il bisogno di purificazione, di liberarsi dal male che lo aveva sopraffatto. Voleva scrollarselo di dosso, come un fastidio sulla pelle. Continua, così, il suo percorso ascensionale che lo avvicina sempre di più alla Bontà Infinita che lo attende nel Paradiso, spinto dal desiderio di veder sparire il male e assistere al trionfo del Bene nei cuori di tutto il genere umano. Perché solo con un sentimento di Bene dilagante, l’uomo avrebbe potuto provare e sperimentare la purificazione e la tensione al Divino. Nella sua visione allegorica di questo viaggio, che potremmo dire anche interiore, fatto di incontri e di scontri, Dante vede le stelle, che alcuni hanno identificato con le quattro virtù cardinali: Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza. Ma ce ne sono altre, che rappresentano la Fede, la Carità e la Speranza e, benché a noi sembrino solo nomi appartenenti a un mondo lontano più di 700 anni, esse sono, invece, terribilmente attuali. Sarebbe meglio dire che ne abbiamo proprio un disperato bisogno. Dante lo sapeva, ce lo aveva profetizzato nel suo capolavoro, a conferma del fatto che l’uomo, nel corso dei millenni, ha sempre vissuto questi ricorsi storici che lo hanno impegnato nella ricerca di sé e della via giusta da seguire. Ci sono stelle che sottintendono concetti come Fede, Carità e Speranza che dovremmo anelare a conoscere, a fare nostre seguendo la loro luce. Dovremmo tendere anche noi, come il Sommo Poeta, verso di esse, perché il male dell’Inferno dantesco non alberghi più su questa terra e non attecchisca nei nostri cuori. Con i versi di queste terzine, Dante ci invita a fare spazio alla Speranza e alla Divina Bontà, a desiderarle; a non perdere mai il nostro obiettivo e fare di queste stelle il nostro timone per superare il male e la malvagità umana e morale, così da poter arrivare al porto sicuro della Benevolenza. Le stelle che Dante pone a fine cantica sono, dunque, il motivo che lo avvicina al raggiungimento del suo obiettivo. E questo non è altro che l’Amore, quello con la A maiuscola, quello a cui tutti dovremmo aspirare.
Sara Gulino, classe 1980, insegnante di Lettere e scrittrice, vive e lavora a Ragusa. Lettrice prima di ogni cosa, si dedica a questa pratica, quotidianamente, da tutta la vita. E crede fortemente che non le basteranno altre dieci vite per poter leggere tutti i libri che ha acquistato e che ha desiderio di acquistare. Nella scrittura ha trovato il compimento della sua passione per le parole.
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