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“E le stelle stanno a guardare”

Guglielmo Tasca 14 dicembre 2024


Se la ridono pure, secondo me, di tutta questa umanità col naso all’insù che le scruta. Magari ci prendono per guardoni, per stalker, chi lo sa, o si atteggiano, ben consapevoli di emanare una luce che ci ammalia.
Il problema è nostro non loro, loro sono lì, belle, modelle e monelle, altere e noncuranti di noi che invano le interroghiamo. E siamo pure recidivi noi. Ma non abbiamo scelta, questo è quel poco che sappiamo del nostro destino: chiedercelo!
E già, il destino! Il fato che ci sorveglia e ci assolve, ma fino a quando? Non ci è dato di sapere. L’unica cosa che sappiamo è di non sapere (questa l’ho già sentita…). Io non mi sono abituato all’idea: questo tipo di ignoranza mi imbarazza, mi disarma, mi fa sentire impotente, inferiore. Perché non devo conoscere il mio destino? È una situazione insostenibile per me e, immaginando di essere in buona compagnia, anche per tutti gli uomini, che sono costretti ad elaborare strategie per fronteggiare questa loro impasse.
L’ignoranza del destino si intreccia fatalmente con la religione, con l’astrologia, con lo scetticismo degli atei (beati loro che si accontentano e si fanno bastare la bellezza del mondo così com’è, senza porsi domande inutili) e con ogni tipo di spiegazione scientifica o meno. Io, dal mio canto, pur apprezzando la bellezza che riesco a vedere, non sono pienamente soddisfatto e mi chiedo mio malgrado non solo la fine ma anche l’inizio di questa bellezza, naturalmente senza successo. Rimane però una soddisfazione intima, che è quella di godere di questa bellezza pur non riuscendo a capirla. Forse è una magra consolazione, ma me la faccio bastare. Nel tempo ho scoperto questo aspetto del mio carattere: io, che scrivo canzoni per mestiere, non vado a scoprire come sono costruite le canzoni che più mi piacciono. Mi accontento di godermele pienamente. Non parlo delle canzoni di successo, quelle ci guardo in maniera fredda, analitica, ma non mi accarezzano l’anima, parlo di quelle che mi emozionano e allora magari guardo gli accordi e le strimpello per me, alimentandomi della loro bellezza e tanto mi basta. È un atteggiamento decisamente e felicemente infantile al quale non intendo rinunciare. Lo stesso vale per i film, e, purtroppo, anche per i libri, non indago su ciò che mi emoziona, mi emoziono e basta. Potrebbe sembrare, semplicisticamente, una cosa solo un po romantica ma, a difesa della mia persona dico che si tratta di un atteggiamento fenomenologico, di una epochè, di una vera e propria sospensione del giudizio. Guardare il mondo con gli occhi del bambino, privi di pregiudizi: proprio così, per la bellezza non voglio spiegazioni e non le ammetto neanche. In fondo è anche questa una strategia inconsapevole, quella di mettere a frutto il proprio disarmo.
Quindi non mi curo delle costellazioni, degli oroscopi, della teologia, dei vacui tentativi di interpretazione dell’ineffabile. Non sono ostile a tutto ciò ma ascolto gli oroscopi divertito, come delle favole, non gli do alcun credito nonostante la parte scientifica su cui si basa l’astrologia.
Io le guardo le stelle, ma come delle belle donne e sinceramente quando le guardo gli occhi mi fanno “pupi pupi” e loro, le stelle, lo sanno, stanno a guardare e si fanno guardare, sciantose e superbe.

Guglielmo Tasca

Guglielmo Tasca è nato a Scicli (RG) nel 1962. Si è laureato al Dams e negli anni ha approfondito lo studio delle musiche e delle tradizioni popolari siciliane.
Nel 1996 ha vinto, insieme a Rinaldo Donati, il premio Recanati per la canzone d’autore con il brano Beddu nostru Signuri. Ha inciso numerosi dischi e si è esibito su palcoscenici.

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