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Da qui messere si domina la valle

Meno Occhipinti 14 novembre 2024


Nel maggio del 1972 faceva la sua apparizione negli scaffali dei negozi di dischi il primo album di un nuovo gruppo, il Banco del Mutuo Soccorso.
Il gruppo era nato quattro anni prima e la leggenda (che probabilmente è verità) narra che Vittorio Nocenzi abbia fatto un’audizione alla RCA spacciandosi per il leader di un gruppo, che in realtà non esisteva, e che la risposta dei dirigenti della casa discografica sia stata «Bene, allora presentati con il gruppo!». E quindi, nella fretta di “formare” il gruppo, si racconta che Nocenzi abbia reclutato quei parenti e quegli amici che sapevano quanto meno tenere in mano uno strumento. E questo fatto spiegherebbe anche il perché il gruppo abbia un nome così curioso: sarebbe un modo per evocare questa sorta di “campagna di solidarietà”.
Nell’ottobre del 2004 avevo intervistato Francesco Di Giacomo, il cantante, e gli avevo chiesto di spiegarmi il perché si chiamassero Banco del Mutuo Soccorso. Questa la sua risposta: «Il nome nasce da un modo di essere e di pensare. Le società di mutuo soccorso erano delle società costituite dai contadini per avere un fondo comune che interveniva quando c’erano calamità naturali o malattie. A quei tempi non c’era la previdenza sociale e quindi, per cercare di tutelarsi, visto che il contadino era l’ultimo paria di una catena sociale, nacquero queste società di mutuo soccorso. Ci piaceva molto questo modo di pensare e così abbiamo scelto questo nome. In effetti, quando il Banco si è formato, tra il sessantotto e il sessantanove, io ancora non c’ero. Sono entrato nel BMS alla fine del settanta, quando questo nome esisteva già. Vittorio mi ha chiesto se il nome mi piaceva. Abbiamo passato una giornata intera a trovare e provare dei nomi, ma alla fine abbiamo concluso che Banco del Mutuo Soccorso era quello giusto e che non c’era motivo per cambiare». La risposta di Di Giacomo sembra quindi confermare quella che per tanti è solo una leggenda.
Ma torniamo al disco. Copertina originale, sagomata a forma di salvadanaio dalla cui feritoia si poteva estrarre una striscia con le foto dei componenti del gruppo, e sulle due facciate del vinile solo sei tracce, tutte cantate in italiano su una base rock.
Ad aprire il disco col salvadanaio (uscito per la Ricordi, perché nel frattempo il gruppo aveva risolto il rapporto con la RCA) c’era In volo, un brano che fa da traino a una delle più belle e conosciute canzoni del gruppo romano, quel manifesto pacifista che è R.I.P. (Requiescant in pace).
In volo si ispira all’Orlando furioso di Ariosto e qualche anno fa al quotidiano “Il Manifesto”, Vittorio Nocenzi, in occasione dell’uscita de Orlando – Le Forme dell’Amore, un progetto nato una decina di anni prima e a cui aveva anche dato il proprio contributo Francesco Di Giacomo aveva dichiarato: «L’Orlando è il capolavoro del nostro Rinascimento, è di una contemporaneità disarmante: le sue storie fanno parte dell'ieri e dell’oggi in modo incredibile. L’Orlando ci parla della natura umana e dei suoi sentimenti più importanti».
Con due minuti e quattordici minuti di pura poesia su un complesso tappeto progressive, con uno dei versi più conosciuti e riconosciuti dell’intero panorama musicale italiano: “Da qui messere si domina la valla, ciò che si vede è”, In volo è certamente una delle migliori opening tracks della storia del rock italiano, nonostante fonda al suo interno anche sonorità classiche, con i fiati a dominare sugli altri strumenti e con la voce di Francesco Di Giacomo a dare quel di più al brano.
Sempre in quell’intervista di vent’anni fa gli avevo chiesto dove fosse, quale fosse quella valle evocata in quel brano.
«La valle siamo noi. Per un attimo mi pongo fuori dalle cose. Quello che c’è è così. Andiamo a vedere se siamo migliorati. E poi, allora, mi sembrava geniale questo parlare medievale in un’epoca che era molto medievale per le sue restrizioni. Non avrei mai pensato che oggi potesse essere così grigio».
E se il 2004 gli sembrava già “grigio”, il 2024, alla luce di quanto è accaduto e sta accadendo, come gli sarebbe sembrato?

IN VOLO
Lascia lente le briglie del tuo ippogrifo, o Astolfo
E sfrena il tuo volo ove più ferve l'opera dell'uomo
Però non ingannarmi con false immagini
Ma lascia che io veda la verità
E possa poi toccare il giusto

Da qui, messere, si domina la valle
Ciò che si vede è
Ma se l'imago è scarno al vostro occhio
Scendiamo a rimirarla da più in basso
E planeremo in un galoppo alato
Entro il cratere ove gorgoglia il tempo

Meno Occhipinti

Meno Occhipinti, giornalista e scrittore, è nato a Ragusa nel 1961. È tra i fondatori di questo mensile e ha collaborato con il quindicinale La Città e con il portale di informazione Italianotizie.it
Ha pubblicato i romanzi Le parole sono chiuse (1996) e Fragili legami (1998). È stato l’addetto stampa del Padua Rugby e ne ha raccontato la nascita nel libro Ragusa Rugby, genesi di una passione (2018). Nel 2021, insieme a ‘U Gaddru, ha pubblicato Ragusa grande di nuovo, una raccolta di articoli satirici, e nel 2023 ha pubblicato Interviste. I musicanti, i teatranti, gli altri.

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