Volare oh, oh
Cantare oh, oh
Nel blu dipinto di blu
Felice di stare lassù
E volavo, volavo felice più in alto del sole
Ed ancora più su
Mentre il mondo pian piano spariva lontano laggiù
Una musica dolce suonava soltanto per me
E Domenico Modugno, grande…grandissimo uomo di spettacolo a tutto tondo, cantante, cantautore padre dei cantautori, attore di teatro e di cinema, sceneggiatore e altro ancora, volò e conquistò il mondo intero.
Nel 1958 con "Nel blu dipinto di blu", vinse, al Festival di Sanremo, il primo premio, rivoluzionò la canzone italiana e dette inizio al boom della vendita discografica fino ad allora molto bassa.
Volare fu tradotta in tutte le lingue, fu in testa alle classifiche di tutto il mondo, anche in America del Nord, in cui si vendettero milioni e milioni di copie.
Il mondo diventò piccolo quaggiù e la musica dolce suonò solo per lui.
Dio del Ciel, se fossi una colomba
Vorrei volar laggiù dov'è il mio amor
Che inginocchiata a San Giusto
Prega con l'animo mesto
Fa che il mio amore torni, ma torni presto
Vola colomba era stata composta quando Trieste, a seguito del trattato di Parigi del 1947, era divenuta una città stato indipendente sotto la protezione delle Nazioni Unite con il nome di Territorio Libero di Trieste; la situazione si sbloccò il 26 ottobre del 1954, con il memorandum di Londra che assegna Trieste all’Italia e oggi si festeggia il 70° anniversario. In quel contesto il brano ebbe un grande successo e, nel 1952 con la interpretazione di Nilla Pizzi, vince al Festival di Sanremo. Nel testo di Bixio Cherubini, sono numerosi i riferimenti al capoluogo della Venezia Giulia, per esempio: «inginocchiato a San Giusto», «lasciavamo il cantiere» (essendo Trieste sede di cantieri navali) e «il mio vecio» per indicare il padre nel dialetto triestino.
Seguir con gli occhi un airone sopra il fiume e poi
Ritrovarsi a volare
E sdraiarsi felice sopra l'erba ad ascoltare
Un sottile dispiacere
E di notte passare con lo sguardo la collina per scoprire
Dove il sole va a dormire
Domandarsi perché quando cade la tristezza in fondo al cuore
Come la neve non fa rumore
Seguir con gli occhi un airone sopra il fiume canta Lucio Battisti e settanta mila bambini seguirono con gli occhi l’airone sopra il fiume e volarono dal sud verso il nord, dalla miseria, dalla fame, dalla insicurezza verso un altrove sconosciuto dove trovarono famiglie affettuose, case accoglienti, cibo sufficiente, salute, scuola. Volarono e le ali furono il Partito Comunista Italiano e l’UDI (Unione Donne Italiane) che, tra il 1945 e 1952, li trasferirono dai paesi poveri del Mezzogiorno in famiglie del Nord che vivevano in buone condizioni, dove anche se si sedevano in dieci a tavola, c’era sempre cibo sufficiente per tutti e piatti e posate per ciascuno. Una pagina di storia scritta dai comunisti italiani che non mangiarono i bambini, come era paventato dalla diceria diffusa dalla chiesa cattolica, ma li salvarono. E il mezzo fu il treno.” come Viola Ardone intitola il suo libro che racconta questa storia e da cui Cristina Comencini ha realizzato l’omonimo film.
Il romanzo dell’Ardone «ha il pregio, davvero consolante, di raccontare la storia di un bambino, Amerigo, in affido senza occultarne alcun aspetto. E anzi rispettando la straziante “doppiezza” della sua vita, la perdita della mamma e la sconfitta della fame, le radici recise e la nuova serenità, l’insicurezza indegna e la protezione “artificiale” imposta dall’altro e al tempo stesso provvidenziale» (Michele Serra, «la Repubblica»).
«Questo è un libro bellissimo e importante, che dovete leggere. Vi assicuro che vi resterà nella testa, una volta finito, come quelle cose che ti cambiano un po'. Per sempre.» Maurizio de Giovanni.
Ho comprato e letto Il treno dei bambini, mi ha emozionato molto e confermo gli autorevoli giudizi sopra riportati.
Anch’io quando, nel 1973 in Piazza Ferretto a Mestre, imboccai la scala che portava alla sezione del PCI per la mia prima tessera del Partito, ho preso il volo verso il sogno di una nuova umanità più equa, più giusta, più libera, senza servi né padroni e ho acquisito strumenti culturali per una nuova e più ampia visione della storia e della vita.
Oggi quasi nessuno si dice comunista, si afferma che il comunismo non c’è più, ma io sono orgoglioso di esserlo stato, di aver fatto parte di quei milioni di donne e uomini che hanno lottato per la libertà, l’uguaglianza e la fratellanza e per questo sono stati perseguitati e imprigionati. E ancora oggi sono contro quelli che spendono 100 mila dollari per una bomba, lanciata da un aereo che costa 100 milioni e che vola con il costo di 42 mila dollari all’ora, per uccidere gente che vive con meno di un dollaro al giorno e che chiamano guerra questa merda.
Ciccio Schembari,
intellettuale ruspante,
pensatore solitario. Nato:
siciliano e massaru a Ragusa
non proprio un secolo fa,
ma quasi. Vissuto a:
Ragusa, Venezia, Ragusa,
Bologna, Ragusa. Ieri: massaru, studente,
professore di matematica,
sindacalista, preside,
analista software,
industriale,
quality system manager. Oggi: mi godo la vita
con la lettura,
con la scrittura, col teatro narrazione,
col teatro sociale
e con altro ancora. Domani:
… domani è un altro giorno!
© Operaincerta. All Rights Reserved. Designed by HTML Codex