Marzo 2004

AMBIZIONI ARTISTICHE REPRESSE

Arte


Enza Cantelli

Mi sono chiesta spesso perché la cultura, in questa società, e soprattutto negli ultimi decenni, “paga” sempre meno, e nella fattispecie del mondo culturale di architetti, pittori, scultori. Sembra che la grande tradizione Italiana, che tanta storia artistica vanta, si sia fermata. Perché si ha tanta difficoltà ad emergere o quantomeno, a trovare lavoro? Perché da parecchi decenni non si è più attenti alla costruzione di opere significative che arricchiscono il nostro patrimonio? Perché tanto squallore nelle chiese moderne e negli edifici pubblici? Mancano gli autori o e venuta meno l’economia? Secondo me ne l’uno, ne l’altro. È certamente un decadimento dei valori, protesi soltanto a risolvere gli aspetti più pratici del problema. Si, è vero, qualche artista che lavora c’è, ma è sempre lo stesso e nelle solite grandi città. Perché tanti giovani architetti, pittori o scultori, che sono spinti dai loro docenti al concepimento di opere, nel rispetto delle tradizioni locali e dell’ambiente naturale con le loro giovani espressioni linguistiche, hanno tante difficoltà a trovare lavoro e devono privarsi delle loro ambizioni ritorcendo la loro professionalità al servizio di una committenza mediocre e di scarsa pretesa. Mi chiedo perché, ma non trovo risposte convincenti, in altri settori tutti i figli di “arte” trovano spazi enormi per affermarsi e sono sempre riconosciuti talenti alla pari dei loro genitori: mi riferisco al mondo del cinema, del teatro, della musica ecc., alle opportunità che ad essi si offrono, mentre nulla o quasi si offre ad un giovane emergente che voglia emergere al di fuori di quelle maglie strette e molto costose dei mercanti, che per altro non sono nemmeno equamente distribuiti in tutto il territorio, bensì concentrati nei centri economici più importanti. Mi chiedo perché attorno a questo fondamentale problema culturale vi sia tanta indifferenza, tanta poca informazione e così poca disponibilità alla comprensione dei fatti innovativi delle espressioni contemporanee. Mentre la moda, grazie ai mezzi mediatici più moderni è in grado di modificare il gusto estetico dei giovani e (non solo), capaci di accettare piercing, tatuaggi, capelli a strisce colorate, abbigliamenti completamente difformi alla tradizione, e avanguardistici all’inverosimile, perché non si riesce a far comprendere un’opera pittorica che non sia l’esatta riproduzione di un paesaggio o della figura umana, o che quanto meno richiami ad essi. Eppure oltre un secolo è passato da quando queste forme di pittura sono state superate per esprimere stati emozionali ben più coinvolgenti ed espressivi. A molti di questi interrogativi ho dato una risposta mio malgrado, perché nulla che sia nelle mie possibilità potrebbe cambiare le modalità, ma mi resta un grosso dubbio: continuare a fare l’artista o abbandonare i miei ideali? Continuare a fare l’artista in questa realtà periferica e molto emarginata, se non per il tenore di vita, economicamente in linea con la media, per l’impossibilità di poter godere di una bella mostra d’arte. Fatto che capita rarissimamente, anzi mai. Non esiste in provincia alcuna raccolta d’arte o galleria pubblica che si proponga come custode di uno spazio artistico contemporaneo. Eppure gli autori ci sono stati, ci sono ancora oggi, in una Sicilia piena di storia che racconta interamente l’evoluzione artistica dalla Preistoria alla Civiltà greca, dal Medioevo al Barocco ecc., ancora fino al Liberty e poi………nulla. Molti artisti soffrono di questa indifferenza come una difficoltà oggettiva. Pur trattandosi di veri e propri talenti, anche se non celebri, questi sono stati condizionati parecchio dall’ambiente e da tutte le sue pastoie. È vero, qualcuno è emerso, è stato attenzionato, studiato ed accolto dalla gente critica. Artisti che con coraggio e determinazione hanno lasciato questa terra per andare al nord. Sto parlando dello scultore Carmelo Cappello, dei pittori Salvatore Fiume (Comiso), e Piero Guccione (Scicli); ma non credo, ad esempio, sia stato di abilità inferiore o di personalità più debole lo scultore Giuseppe Miceli (Comiso), che ha dato tanto all’arte di questa provincia restando in sede e, di conseguenza, fuori dalle maglie di un mercato che oggi, purtroppo non coincide con qualità e riconoscimento di autorevolezza culturale. E spesso ci vengono offerti quali “ Maestri “ dell’arte italiana autori meno incisivi di altri (es.: il pittore Gesualdo Spampanato, di Comiso, o lo scultore Luigi Garofano, anch’esso di Comiso) che, vivendo in provincia, vengono ignorati.