Ottobre 2006

LA NOTTE DELLA RAGIONE

L’Occidente tra illuminismo e maomettanesimo.


Carlo Blangiforti

Per dirla con Wenders, se l’America aveva colonizzato il nostro immaginario, a quanto pare l’Islam ha colonizzato la nostra morbosità. Da poco più di cinque anni è costantemente presente nelle cronache di mezzo mondo, dalla cronaca nera fino a quella rosa. L’opinione pubblica occidentale pare affetta da una vera e propria bulimia voyeuristica: tutte le notizie che possono avere come attributo la parola islamico sono degne di ritagliarsi uno spazio considerevole nei nostri mass-media. Un processo, pare, irreversibile e inflativo che specula più sulle nostre morbosità che sul nostro terrore. Non c’è telegiornale che non ritenga sua missione imprescindibile quella di riportare le esternazioni altalenanti di un imam o le cronache inverosimili sulla diffusione del velo nel Belpaese, per i mass-media l’esistenza stessa di milioni di italiani pare dipenda dalla virulenza di affermazioni fatte da una percentuale striminzita di ignorantoni. Si sa, gli integralismi hanno poco a che fare con la religione e molto con la politica, questi fini calcolatori sanno riconoscere nella religione uno strumento di governo. Ovvia verità, perfino banale, assolutamente inafferrabile da parte dei nostri più sentiti maitres à penser, chi per calcolo, chi per ingenuità, tanti giornalisti sono caduti nel tranello teso dagli integralisti: lo scontro di civiltà esiste solo perché lo si fa, a bella posta, esistere. La paura di coloro che temono l’occidente soccombente alla barbarie maomettana è un falso problema: l’occidente non è un’entità monolitica, il suo problema reale sta nella sua stessa natura: la vecchia Europa ha perso l’anima e l’anima di un organismo politico-storico è la pluralità delle espressioni ideologiche. Il problema vero dell’Occidente è che non potendo più proporre una ideologia totalizzante, ha adottato una fede totalitaria o una non-ideologia del profitto. In questo vuoto l’integralismo del maomettanesimo ha enormi spazi di manovra. L’Occidente ha problemi profondi d’identità, e l’Europa (vedi il preambolo alla bocciatissima Costituzione europea) lo sa bene. È paradossale come sia il Cattolicesimo delle Curie che l’Islam delle Università, rigettando il razionalismo d’impianto scientistico, facciano continuamente appello alla razionalità delle rispettive fedi. Già, il XXI secolo ha ributtato in blocco le conquiste culturali di tolleranza, progresso, uguaglianza e solidarietà del secolo dei lumi. Che tristezza! L’Occidente, d'altronde, non sa nemmeno cosa voglia dire Occidente. In prima istanza pare un problema terminologico: cosa vuol dire civiltà occidentale? Oggi Occidente non si contrappone ad Oriente, ma è in antinomia con Islam. Occidente è una parte dell’Europa? È il Nord America? È occidentale il Giappone, l’Australia o l’Argentina? Corrisponde come vuole il papato o gli adepti di Al-Qaeda alla cristianità, oppure alla hitleriana arianità? È occidentale chi è ad ovest di qualcosa, ma di cosa! Occidentale è il primo mondo? Forse sono tutte queste coordinate messe insieme. Ma in realtà, oggi più che mai, Occidente è tutto ciò che ha paura dell’Islam: Può essere il mondo economicamente florido figlio di una ormai trascorsa tradizione filosofica comune oppure essere l’ultimo baluardo della barbarie, un fortino proprio al centro di un devastante deserto dei Tartari. In ogni caso un universo prossimo al suo tramonto. Ma come non avere nostalgia, oggi, di un mondo che marciando allegramente su popoli e nazioni aveva posto al centro del suo divenire il progresso, la rivoluzione scientifica che in quattro secoli aveva trasformato il volto e l’anima del mondo, figlio di una tradizione politico-filosofica che aveva introdotto principi di eguaglianza e solidarietà, laicità e democrazia? Ora, quest’Occidente non esiste più. Non crede più nella sua forza ideologica, non sa definirsi (non so cosa io sono, ma so cosa io non sono), è divenuta una società intimamente debole, frutto di una notte profonda, la notte della ragione, che si è affidata quasi completamente all’antirazionale, di qualsiasi matrice esso sia.