Febbraio 2015

Macchinine ludiche

Automobili, arte, giochi… ed altre cose inutili


Salvo Bonaccorsi

Possiamo indulgere verso un uomo che abbia fatto qualcosa di utile, purché non l'ammiri. Ma chi ha fatto una cosa inutile può essere scusato solo se egli la ammira enormemente. Tutta l'arte è completamente inutile.
Oscar Wilde

Dall’Oxford Dictionary: Heath Robinson, agg. Ingeniously or ridiculously over-complicated in design or construction: “a vast Heath Robinson mechanism”.

Non sono in molti a poter dire di essersi meritati l’inserimento nell’Oxford Dictionary della lingua inglese divenendo col proprio cognome addirittura un aggettivo. Ed è sintomatico certamente di una diversa concezione della cultura e dell’importanza che si danno all’umorismo e all’ambito ludico in nazioni diverse dall’Italia, il fatto che a meritare questo non sia un premio Nobel o un grande scienziato ma un “semplice” illustratore. La voce dell’Oxford Dictionary recita: Heath Robinson, aggettivo, “ingegnosamente o ridicolmente complicato nella sua progettazione o costruzione”. William Heath Robinson, figlio o meglio fratello d’arte nasce nel 1872 a Islington, in Inghilterra. Maturato uno stile inizialmente influenzato dagli schemi dell’Art Nouveau, raggiunge il successo con l’illustrazione dei racconti di Edgar Allan Poe, delle fiabe di Andersen, delle Mille e una Notte e altri classici. Ma è con l’invenzione dei complessi e ridondanti meccanismi per trovare soluzioni rocambolesche a problemi semplici della quotidianità che raggiunge un’enorme e duratura notorietà. In qualche modo egli esprime con una immediatezza che altri non sono forse riusciti a raggiungere il tema della trasformazione che il progresso tecnologico e “la macchina” avrebbe impresso senza ritorno all’era moderna, dalla metà dell’ottocento alla seconda guerra mondiale. Robinson mette alla berlina con una forza unica proprio quella fiducia e quella retorica del “meccanismo” che potrà risolvere tutti gli affanni degli uomini. Le sue macchine non sono propriamente “inutili” perché uno scopo lo raggiungono, sebbene dopo infiniti passaggi e sproporzionati sprechi di energia, in una specie di ode all’entropia e al bassissimo rendimento cui ogni attività umana è destinata e consacrata. Sul tema del mese, l’automobile, ci dona una sequenza di possibili accessori e “miglioramenti”, che oggi che l’optional è di serie, fanno sorridere forse ancora di più. Alcune sue invenzioni grafiche hanno infatti anticipato futuri oggetti reali. Ma se le macchine di Robinson sono specchio di un forse ingenuo quanto genuino “fai da te” propriamente anglosassone, che vede la meccanizzazione non tanto alienante e comunque sotto uno sguardo più umoristico e di auto derisione delle debolezze del creatore, curiosamente altrettanta fama ha avuto nello stesso ambito il cartoonist statunitense Rube Goldberg, anch’egli assunto a modo di dire. Quest’ultimo metteva però più in risalto il contesto che potremmo definire “giocosamente ingegneristico”, sottintendendo che gli ingegneri purtroppo sono seri anche quando giocano. Scoraggiato dai genitori nella sua precoce dedizione al disegno, Goldberg si laurea all’Università di California, Berkeley. Forse proprio a causa della sua formazione egli dava ancora più credibilità agli eventi fisici o chimici, che alimentavano i vari passaggi delle sue macchine. Anche lui aveva caro il tema fondamentale di come la tecnologia, se da un lato può portare indubbi benefici dall’altro può alimentare la pigrizia e la dipendenza da parte dell’uomo. Era però convinto che già per sua essenza l’uomo moderno tende a prendere il percorso più difficile piuttosto che scegliere la strada più semplice e diretta per raggiungere un obiettivo e diceva che le macchine sono un simbolo della capacità dell'uomo di esercitare il massimo sforzo per ottenere risultati minimi. E questo fanno proprio le sue macchine, provano a rendere difficili le cose facili. Il richiamo all’attività del giocare lo leggerei, nella citazione di Wilde, nelle scuse da riservare a chi ammira enormemente l’aver fatto una cosa inutile. Il gioco, non si può considerare propriamente inutile, e questo vale anche per l’arte e lo sapeva bene anche Wilde, quanto meno se lo si vede come attività che comunque, se non è in grado di donare la felicità quanto meno riesce a far dimenticare per un po’ l’infelicità. E’ invece più propriamente improduttivo, come lo definiva Callois, in quanto l’atto di giocare si caratterizza per la sua gratuità e non è in grado di produrre nuova ricchezza; caso mai, come nel caso dell’azzardo, la sposta, ma è già una aberrazione e una scorretta attribuzione che in italiano paghiamo dando lo stesso nome a giochi basati solo sulla fortuna (dall’etimologia originaria dall’arabo zahr che significa dado, attraverso il francese hasard cioè “caso”, “fortuna”) e con poca o nessuna influenza dell’abilità del giocatore e a quelli dove si aggiunge la componente della scommessa o posta in denaro messa in palio. Gli inglesi possono fare affidamento su due verbi ben diversi to gamble e to play. Chiarito quindi che l’inutilità dell’arte e quella del gioco sono in fondo degli abbagli, ci si potrebbe chiedere perché anche all’automobile è stata data nel titolo la stessa etichetta di inutilità. Possiamo intanto giocare un po’ con le parole: l’automobile è la “macchina” per eccellenza, tanto che quando si dice “scendo a prendere la macchina” quasi mai l’interlocutore ipotizza che l’altro stia andando a procurarsi una fresatrice o una punzonatrice; eventualmente c’è da chiedersi perché “il motore” a Palermo sia quello che per il codice della strada è invece un “ciclomotore” o un “motoveicolo”, ma cadremmo nel gioco perverso dell’identità siciliana che non esiste, perché esistono decine di diverse identità siciliane, irrisolvibili come la questione tra arancina e arancino. Ed è forse su questo fondamento antropologico che l’ANAS sta pianificando una radicale restituzione alle provincie ed ai paesi siciliani del loro magico isolamento identitario. Ancora un paio di piloni a terra e, parafrasando Oscar Wilde, potremo decisamente affermare: Tutte le automobili (in Sicilia) sono completamente inutili. Mancando le strade…