Giugno 2015

Arriva LA LUPA

Fascinosa nebbia infernale


Alessandro D'Amato

Un fenomeno atmosferico particolare, che al tempo stesso affascina per i paesaggi surreali che riesce a determinare e incute timori non facilmente controllabili, prende in Sicilia il nome di lupa. Si tratta di una nebbia, solitamente tardo-primaverile che, prendendo le mosse dal mare, tende a internarsi sino ad arrivare a ridosso delle zone collinari dell’entroterra, dove crea una coltre invalicabile che si ammanta di un fascino difficilmente eguagliabile, per chi ha la fortuna di poter osservare il paesaggio dalle alture circostanti. Nonostante la suggestività del fenomeno, i contadini locali ben sanno che, quando tale fenomeno si verifichi in circostanze particolari, i danni ai raccolti potrebbero essere notevoli. Così, ad esempio, gli olivicoltori iblei, produttori del celebre e omonimo olio a marchio d.o.p., temono seriamente che l’annata 2015 sia stata irreparabilmente danneggiata non tanto dalla xylella proveniente dal Salento quanto piuttosto dalla lupa di san Vito. Già, perché le campagne che circondano Chiaramonte Gulfi, Monterosso Almo o Buccheri, la mattina del 15 giugno apparivano completamente contornate da questo fitto manto bianco, proveniente dalle vicine coste meridionali. Nel periodo in questione, difatti, le zagare dell’ulivo effettuano la loro trasformazione in frutti, secondo un processo che rischia di essere irrimediabilmente compromesso dal fenomeno atmosferico della lupa, così come antichi adagi popolari ci testimoniano: Lupa pi San Vitu Puoi chiudiri ‘u trappitu. Tuttavia, il perché questo particolare – e tutt’altro che frequente – elemento naturale assuma tale nome non è ben chiaro. Attorno alla questione, quindi, potremmo provare a inquadrare delle ipotesi, alcune delle quali tra di loro compenetrabili. A. nell’ambito del Cristianesimo, il lupo (l’animale, si intende) è da sempre stato identificato con il diavolo; e qualunque fattore in grado di arrecare danni ingenti alle colture associabile a intervento malefico. Quando tale danno venga associato a un fenomeno atmosferico quale un’insolita nebbia, non è assurdo ipotizzare che l’animale venga declinato al femminile (nebbia = lupo → lupa) per identificarvi la causa del male; B. secondo un’altra ipotesi, il nome di tale fenomeno deriverebbe dalla locuzione dialettale “avere la lupa nello stomaco” (facilmente traducibile in “avere una fame da lupi”), che caratterizzava la condizione dei pescatori dello stretto di Messina, in tutte le circostanze in cui, a causa della presenza della nebbia in mare, non erano in grado di rientrare poiché impossibilitati a individuare la luce del faro; C. un’altra tesi vuole che il nome lupa derivi dal suono, simile a un ululato, che le imbarcazioni dello stretto emettevano per segnalare la propria posizione in mare in caso di nebbia: essa diviene verosimile se la si lega all’utilizzo della cosiddetta ‘brogna’, vale a dire di quella conchiglia marina utilizzata in un passato ormai remoto in ambito marittimo come segnalatore di posizione e, ancor oggi, oggetto di attenzione e di uso comune in ambito etnomusicologico; D. ancora, occorre ricordare che, in latino, lupa assume il significato di “donna dissoluta” e lupanar (niente di meno che la tana della lupa) “bordello”. Considerando il disprezzo e la condanna sociale – soprattutto in epoca medievale – cui la prostituzione era destinata nell’ambito della morale del cattolicesimo contadino meridionale, non ci sembra azzardato ipotizzare una seppur minima possibilità che tra i due elementi possa esistere una qualche connessione, pensando anche all’utilizzo del termine “puttana” quale forma, ancor oggi diffusissima, di imprecazione (es: “porca puttana”, “miseria puttana”, ecc.). Di conseguenza, potrebbe essersi creata l’associazione “nebbia maledetta ≈ puttana ≈ lupa”; E. infine, la testimonianza storica più attendibile, con la quale chiudiamo, sebbene irrisolta, la questione, vuole che, così come ricordato da Serafino Amabile Guastella in una sua lettera a Giuseppe Pitrè dell’11 febbraio 1886, «la nebbia densissima, fetida, e quasi bruna che ci viene dal mare, e danneggia gli ulivi suole in Chiaramonte denominarsi lupa». Ed essa, nella fantasia popolare del tempo, in cui gli stereotipi e le credenze spesso si influenzavano reciprocamente, si presupponeva fosse una conseguenza degli «iscongiuri potenti fatti dai saracini, che or sono all’inferno, e un tempo furono scacciati dall’isola nostra».[1] Il nodo, dunque, appare ancor oggi intricato. Ciò che è certo, è che tale elemento della natura, come spesso accade di fronte a fenomeni non immediatamente esplicabili attraverso le conoscenze della sapienza popolare, viene fatto oggetto di miti e credenze particolari. E che, in presenza di elementi potenzialmente in grado di arrecare danni, l’intervento del diavolo, sia esso diretto oppure realizzato mediante metamorfosi in animale, appare indubbio. Il caso della lupa ne è solo un piccolo, seppur significativo, esempio. Al lettore propendere per un’interpretazione piuttosto che un’altra. A noi osservatori esterni, godere del panorama che la lupa, parsimoniosamente, ci dona. _____ [1] Informazioni, poi, riportate da Pitrè, nel terzo volume degli Usi e costumi, credenze e pregiudizi del popolo siciliano (Pitrè 1889, III: 43).